mercoledì 18 luglio 2007

Capitolo VI

Nervo

Il pugno chiuso di Seamy. Questo è quel che ricordo.
Lo ricordo da prima. Molto prima che si alzi e venga tagliato dalla luce, in quel preciso pomeriggio di novembre.
Ha un che di sinistro, il pugno chiuso di Seamy.
Mio fratello è un nodo. Un nodo scuro di nervi che non ne possono più. Da anni ormai ha le spalle curve, se le sente schiacciate da qualcosa di vaporoso e pesante, di interminabile e antico. Si chiama dolore. Si chiama accorgersi di aver vissuto sempre in maniera sbagliata.
Da quando ha ucciso il cane della signora Caine tutto è andato distruggendosi, rincorrendo gli eventi a una velocità incontrollabile.
Il cane della signora Caine era un bastardello mezzo grigiastro. Aveva le pupille di fuori e la bocca bavosa sempre piena di latrati. Dall’alba al tramonto. Senza un secondo di sosta. La signora Caine era quasi del tutto sorda. Mio fratello, invece, di solito aveva mal di testa. Ce l’aveva sempre e sempre. Dall’alba al tramonto.
Un giorno che i miei non c’erano e io ancora giocavo con i soldatini nel fango davanti casa. Questo è quel che ricordo. Poteva essere la fine dell’estate, qualche giorno prima che si ricominciasse ad andare a scuola. Quando le braccia ti si gelano in fretta.
Per me i latrati di quel cane erano un ottimo effetto sonoro per le bombe o le sirene, le volte che giocavo con i soldatini. Ma per Seamy erano un trapano piantato nelle tempie. Dall’alba al tramonto. Quel giorno che i miei non c’erano Seamy si accorse per la prima volta della parete di rabbia che lo rivestiva internamente. Non che fosse proprio colpa di quel cane, ma quei latrati continui erano stati come il ferro del dentista sul nervo infiammato. Quando l’uncino del dentista ti sfiora quel nervo vorresti prendere a morsi il mondo. Non appena quello leva la mano da dentro la tua bocca vorresti strappargli gli occhi con le unghie. Ma non lo fai, solo perché, riuscendo a ragionare, capisci che la colpa non è sua. Che il nervo che fa male è tuo e solo tuo.
Il cane della signora Caine ci dava le spalle. Quando il mio generale verde stava per dare l’ordine ai carri armati di intervenire da sud-est sentii mio fratello sfrecciarmi accanto, un lampo di luce nella sua mano e poco dopo lo vedevo tornare sporco di rosso. Il cane, fermo in un angolo del giardino, aveva smesso per sempre di latrare.
Poi è stata tutta in discesa. Io avrei potuto vivere un tempo migliore di lui, avrei potuto sentirmi orgoglioso di qualcosa. Ma ho preferito stare accanto a mio fratello. I suoi mal di testa sono mal di cuore. E il cane della signora Caine non c’entra niente.

Il pugno chiuso di Seamy. Questo è quel che ricordo. Il suo pugno mentre torna indietro stringendo il coltello da cucina insanguinato. Lo stesso pugno che ha alzato spesso contro di me. Quello che ora, in questo pomeriggio di novembre, mi raggiunge il naso con tonfo sordo.
Come hai potuto farle scappare?
Avrei potuto rispondere che ero con lui, che in quella macchina c’eravamo entrambi. Che a scappare era stata Marta. Che non era colpa mia. Ma il sangue dal naso mi ha bloccato il respiro e ho tossito rosso. Ecco tutto quello che sono riuscito a fare. Ho tossito rosso.
Scusami, sono riuscito a dire.

Seamy ha preso il fucile più grosso, quello con di papà. Quello per le occasioni speciali. C’è voluto il mio cervello lucido, pure. Da dietro al fazzoletto, con voce nasale gli ho detto di tornare indietro, che andare a piedi non serviva.
Poi una sorta di premonizione: avranno preso un pullman. Possiamo andare alla stazione a cercare.
Le ammazzo.
Sapevo che alla stazione avremmo trovato notizie di Marta e della bambina. E sapevo che Seamy aveva un fiuto infallibile. Ne avrebbe sentito l’odore. Il suo orecchio, poi, abituato ai latrati del cane della signora Caine, non aspettava altro che di sentire ancora quello di Sofia. Come un richiamo lontano. Sapevo che il pugno chiuso di Seamy le avrebbe raggiunte, questa volta stringendo un fucile. Ancora sangue.
Seamy.
Cosa?
Potremmo cercare soldi altrove.
Il secondo pugno è stato più forte. Ma i nasi da rompere erano finiti.
Le ammazzo, Rank. Lo sai meglio di me. Maledetta puttana.
Nascondi il fucile, è sempre pieno di sbirri, vicino alla stazione.
Maledetta puttana.

Il nervo è tornato a far male.

3 commenti:

Lajey ha detto...

Com'è che nessuno commenta?!?
Tutti spaesati dalla narrazione in prima persona? O tutti al mare?

Intanto commento io:
Bello Sergio! Mi è piaciuta questa tua digressione sul rapporto tra i due fratelli..

Vediamo cosa accadrà ora!

Pronti? Via con l'ultimo giro!

Michelle Martini ha detto...

grazie igi!
devo ammettere che ero preoccupato anche io...
oh, si vede che non è piaciuto!
:)

baci a tutti

Se'

Anonimo ha detto...

Ma no, Sef!
E' il cambio di narratore che ha spiazzato tutti, per il resto è scritto come tu sai...

"Ha la faccia contratta
E i nervi
Che sono piume e margherite."


Ti odio ancora, non preoccuparti.:)