Alcune cose non vanno a fondo
In un angolo della stanza il lungo tappeto arrotolato e, sopra di esso, un piccolo fagotto accoccolato. Per quanto non fosse una posizione comoda per dormire, la bambina era lì, le gambe raccolte in grembo e le manine strette sul cuore. Con il volto rigato di lacrime, dormiva appoggiandosi alla dura parete, neanche si fosse trattato di un soffice cuscino.
La cantina umida era immersa nella penombra, mentre da uno spiraglio tra le assi filtrava una lama di luce, calda e abbagliante. Il sole violento e inarrestabile di agosto non temeva di avventurarsi in quell’antro oscuro.
In mezzo alla stanza, su un pavimento lercio e grigio, un tavolo di legno, quasi completamente roso dai tarli, o forse da topi fin troppo affamati, ingombrava un’ampia porzione della misera stanza. Su di esso, una ciotola umida di olive e salamoia e un fiasco di vino rosso mezzo vuoto facevano compagnia a qualche pezzo di pane avanzato dal rapido pasto.
La donna entrò nella stanza senza troppi complimenti, ma quando si accorse del fagotto dormiente nell’angolo, iniziò a muoversi per la stanza con maggiore circospezione. Non per un affettuoso rispetto del sonno della bambina, ma solo per il timore che il fagotto potesse svegliarsi e riprendere a piangere e urlare. Da quando l’avevano portata lì, la bambina non aveva voluto mangiare nulla e non aveva voluto bere neanche un goccio d’acqua. Sembrava che l’unica cosa che sapesse fare fosse piangere, piangere e urlare.
Eppure non era sempre stato così, la donna lo ricordava bene, quando stavano a Villa Cantinari si viveva un’atmosfera diversa. Doveva essere quella situazione presente che creava alla bambina un qualche genere di problema, la donna, per quanto non si ritenesse un essere dotato di grande arguzia, ne era convinta.
«È chiaro che non le piace stare qui! Neanche a me piacerebbe» pensò mentre la guardava, ma si disse che questi comunque non erano fatti suoi e che doveva sbrigarsi a finire di sparecchiare.
A Seamy non piaceva trovare tutto ancora in disordine e la donna era sicura che sarebbe tornato a momenti. Almeno sarebbe stato contento che “quella mocciosa”, come la chiamava lui, avesse finalmente trovato un po’ di pace.
In realtà, quel giorno alla donna non importava molto di cosa Seamy volesse o pensasse. Era stanca, si sentiva sfinita e voleva solo un po’ di comprensione, anche se non sapeva bene cosa significasse desiderare un po’ di comprensione, pensava comunque di averne bisogno. Il problema era che si annoiava. Da quando si erano trasferiti in quella maledetta casa, col passare dei giorni aveva iniziato a perdere ogni entusiasmo.
Certo, non si può dire che prima fosse la donna più felice della terra e, anzi, a dir la verità si trovavano in quella situazione proprio perché prima erano, lei e Seamy, tutt’altro che felici, ma ora era tutto diverso, le cose non erano affatto migliorate.
Scendeva in paese solo il tempo necessario a comprare le poche cose che la terra da sola non offriva e, come Seamy le aveva detto di fare, parlava con i negozianti lo stretto necessario. Per il resto, la donna trascorreva la sua giornata sbrigando le faccende in casa, curando l’orto e gli animali e cercando di ricordarsi di dar da mangiare alla ragazzina.
Non che i suoi compiti fossero complicati, ma doveva svolgerli con la massima attenzione. Se c’era una cosa che Seamy davvero non sopportava era che le cose non andassero per il verso giusto: non c’era cosa che lo facesse arrabbiare di più e Seamy arrabbiato non era affatto un bello spettacolo, era anche piuttosto doloroso e non c’è da stupirsi che la donna cercasse in tutti i modi di evitarlo.
Proprio mentre la donna finiva di passare lo straccio umido sul tavolo, sentì i passi di qualcuno che si aggirava al piano di sopra, le vecchie assi scricchiolavano al passaggio di un’ombra pesante.
«Ecco Seamy, speriamo porti buone notizie!» pensò la donna, mentre silenziosamente usciva dalla cantina chiudendo a chiave la porta.
Al piano di sopra, un uomo nerboruto misurava con passi nervosi la lunghezza della stanza, resa più accogliente rispetto a quella del piano di sotto per la presenza delle ampie finestre che affacciavano sull’orto e sulla fitta boscaglia che circondava la casa. Non si trattava di Seamy, era suo fratello Rank.
La donna cercò di dissimulare lo spavento e il fastidio per quella presenza ingombrante e minacciosa. Infatti, per quanto in qualche modo riuscisse a sopportare le angherie e le prepotenze di Seamy, con suo fratello Rank non riusciva davvero a stare tranquilla. Quello della donna era più che altro un pregiudizio dettato dalla prudenza, infatti sapeva bene di cosa fosse capace Seamy e, sebbene Rank non le avesse mai fatto del male, era convinta che lui e Seamy fossero della stessa pasta. Inoltre, trattandosi del fratello maggiore, la donna immaginava che il malanimo presente nel più giovane fosse quintuplicato nel fratello più vecchio, perciò sentiva che da Rank non avrebbe potuto aspettarsi nulla di buono.
Decise che nemmeno quel giorno avrebbe voluto approfondire la conoscenza di Rank e cercò di scivolare in cucina senza che l’uomo, girato nella direzione opposta alla porta e impegnato nella sua camminata nervosa, potesse vederla.
«La ragazzina dorme?» chiese Rank senza voltarsi e continuando a camminare «Non si sentono più le sue grida.»
La donna sussultò. Era convinta di non aver fatto il minimo rumore salendo dalla cantina, non capì come l’uomo avesse potuto percepire la sua presenza.
«Allora?» sbuffò l’uomo, voltandosi e piantando i suoi occhi scuri in faccia alla donna che si vide costretta ad abbassare lo sguardo.
«Sì, si è addormentata a forza di piangere.» mormorò la donna «Non ha mangiato nulla» aggiunse con tono irritato. Sembrava che Rank stesse per replicare, ma invece scosse la testa e tacque.
A quel punto la donna pensò che forse poteva sgusciar via dalla stanza e riprendere a respirare, attese quindi in silenzio ancora per qualche istante e finalmente si infilò in cucina, dove si chiuse la porta alle spalle e appoggiò le cose che aveva portato via dalla cantina.
Mentre lasciava scorrere l’acqua nel lavello, per iniziare a lavare la pila di piatti sporchi che aveva ammonticchiato lì, entrò Seamy sbattendo la porta che conduceva all’orto.
La donna si voltò e incontrò lo sguardo dell’uomo, stranamente illuminato da una luce che non aveva mai visto prima.
«Va tutto come previsto» esordì Seamy senza neanche salutarla, ma come se stesse proseguendo un discorso già cominciato.
Ecco spiegata la ragione di quella luce nuova negli occhi, Seamy era contento.
La donna si scoprì irritata e infastidita da quella presa di coscienza. Era sicuramente lieta che Seamy non fosse arrabbiato o nervoso come al solito, ma il fatto che quella luce nel suo sguardo avesse fatto la sua comparsa solo ora, dopo più di cinque anni che si conoscevano, le confermò tacitamente qualcosa che lei sospettava già da tempo. Seamy non la amava e forse non l’aveva mai amata. O meglio, era chiaro che il sentimento che provava per lei, qualunque esso fosse, non era lontanamente assimilabile a quello da cui l’uomo era travolto ora che il suo piano si stava compiendo.
«Hai incontrato il signor Giorgio?» domandò lei, sorprendendosi della facilità con cui era riuscita a soffocare la gelosia provata qualche istante prima.
«Quel vecchio idiota è ridotto uno straccio!» rispose lui quasi ridendo «si aggira per la casa come un fantasma e sussulta ogni volta che squilla il telefono»
La donna si incupì, ma era ormai voltata verso il lavello, quindi Seamy non poté vedere il suo sguardo dissenziente.
«Pensa che quel vecchiaccio ha chiamato la figlia a New York e le ha detto di tornare subito a casa, vista la situazione» aggiunse Seamy, senza accorgersi del silenzio della donna. Poi continuò «Come se quella scema possa fare qualcosa in questa situazione» e qui esplose in una fragorosa risata «Quella che non ha mai saputo fare altro se non spendere i soldi del suo vecchio! Voglio proprio vedere come risolverà la situazione»
A questo punto la donna smise di lavare i piatti e si voltò «È pur sempre la madre, anche se ha mollato la bambina con il nonno» disse accennando con la testa nella direzione della cantina «Era inevitabile che il signor Giorgio l’avrebbe richiamata a casa»
«E piantala di chiamarlo “signore”, non sei più la sua schiava!» la interruppe Seamy, cambiando improvvisamente umore. La donna si zittì immediatamente e tornò a lavare i piatti.
Seamy si controllò ed aggiunse «Che quella cretina di Giulia torni a casa o meno, la mia idea sta funzionando senza intoppi ed è questo l’importante» e con questo pensiero il suo umore parve nuovamente distendersi. La donna quindi prese di nuovo coraggio e si permise di alzare lo sguardo dal lavello nella sua direzione, lui guardava fuori dalla finestra. Fu a quel punto che si girò furibondo verso di lei «Quello è il camioncino di Rank»
«Sì» lo interruppe lei con voce esitante, «è arrivato poco prima di te, sta nella stanza di là!»
«E perché non me l’hai detto subito?»affermò lui trattenendo a stento la voce carica di tensione «Cosa stavi aspettando, brutta cretina?».
La donna indietreggiò fino a coprire la breve distanza che la separava dal lavello, temendo che lui le si avventasse contro.
Seamy si limitò a fissarla stringendo i pugni, ma poi uscì dalla cucina sbattendo la porta. Il rumore fu tale che poco dopo ricominciarono le grida e i pianti dalla cantina.
In un angolo della stanza il lungo tappeto arrotolato e, sopra di esso, un piccolo fagotto accoccolato. Per quanto non fosse una posizione comoda per dormire, la bambina era lì, le gambe raccolte in grembo e le manine strette sul cuore. Con il volto rigato di lacrime, dormiva appoggiandosi alla dura parete, neanche si fosse trattato di un soffice cuscino.
La cantina umida era immersa nella penombra, mentre da uno spiraglio tra le assi filtrava una lama di luce, calda e abbagliante. Il sole violento e inarrestabile di agosto non temeva di avventurarsi in quell’antro oscuro.
In mezzo alla stanza, su un pavimento lercio e grigio, un tavolo di legno, quasi completamente roso dai tarli, o forse da topi fin troppo affamati, ingombrava un’ampia porzione della misera stanza. Su di esso, una ciotola umida di olive e salamoia e un fiasco di vino rosso mezzo vuoto facevano compagnia a qualche pezzo di pane avanzato dal rapido pasto.
La donna entrò nella stanza senza troppi complimenti, ma quando si accorse del fagotto dormiente nell’angolo, iniziò a muoversi per la stanza con maggiore circospezione. Non per un affettuoso rispetto del sonno della bambina, ma solo per il timore che il fagotto potesse svegliarsi e riprendere a piangere e urlare. Da quando l’avevano portata lì, la bambina non aveva voluto mangiare nulla e non aveva voluto bere neanche un goccio d’acqua. Sembrava che l’unica cosa che sapesse fare fosse piangere, piangere e urlare.
Eppure non era sempre stato così, la donna lo ricordava bene, quando stavano a Villa Cantinari si viveva un’atmosfera diversa. Doveva essere quella situazione presente che creava alla bambina un qualche genere di problema, la donna, per quanto non si ritenesse un essere dotato di grande arguzia, ne era convinta.
«È chiaro che non le piace stare qui! Neanche a me piacerebbe» pensò mentre la guardava, ma si disse che questi comunque non erano fatti suoi e che doveva sbrigarsi a finire di sparecchiare.
A Seamy non piaceva trovare tutto ancora in disordine e la donna era sicura che sarebbe tornato a momenti. Almeno sarebbe stato contento che “quella mocciosa”, come la chiamava lui, avesse finalmente trovato un po’ di pace.
In realtà, quel giorno alla donna non importava molto di cosa Seamy volesse o pensasse. Era stanca, si sentiva sfinita e voleva solo un po’ di comprensione, anche se non sapeva bene cosa significasse desiderare un po’ di comprensione, pensava comunque di averne bisogno. Il problema era che si annoiava. Da quando si erano trasferiti in quella maledetta casa, col passare dei giorni aveva iniziato a perdere ogni entusiasmo.
Certo, non si può dire che prima fosse la donna più felice della terra e, anzi, a dir la verità si trovavano in quella situazione proprio perché prima erano, lei e Seamy, tutt’altro che felici, ma ora era tutto diverso, le cose non erano affatto migliorate.
Scendeva in paese solo il tempo necessario a comprare le poche cose che la terra da sola non offriva e, come Seamy le aveva detto di fare, parlava con i negozianti lo stretto necessario. Per il resto, la donna trascorreva la sua giornata sbrigando le faccende in casa, curando l’orto e gli animali e cercando di ricordarsi di dar da mangiare alla ragazzina.
Non che i suoi compiti fossero complicati, ma doveva svolgerli con la massima attenzione. Se c’era una cosa che Seamy davvero non sopportava era che le cose non andassero per il verso giusto: non c’era cosa che lo facesse arrabbiare di più e Seamy arrabbiato non era affatto un bello spettacolo, era anche piuttosto doloroso e non c’è da stupirsi che la donna cercasse in tutti i modi di evitarlo.
Proprio mentre la donna finiva di passare lo straccio umido sul tavolo, sentì i passi di qualcuno che si aggirava al piano di sopra, le vecchie assi scricchiolavano al passaggio di un’ombra pesante.
«Ecco Seamy, speriamo porti buone notizie!» pensò la donna, mentre silenziosamente usciva dalla cantina chiudendo a chiave la porta.
Al piano di sopra, un uomo nerboruto misurava con passi nervosi la lunghezza della stanza, resa più accogliente rispetto a quella del piano di sotto per la presenza delle ampie finestre che affacciavano sull’orto e sulla fitta boscaglia che circondava la casa. Non si trattava di Seamy, era suo fratello Rank.
La donna cercò di dissimulare lo spavento e il fastidio per quella presenza ingombrante e minacciosa. Infatti, per quanto in qualche modo riuscisse a sopportare le angherie e le prepotenze di Seamy, con suo fratello Rank non riusciva davvero a stare tranquilla. Quello della donna era più che altro un pregiudizio dettato dalla prudenza, infatti sapeva bene di cosa fosse capace Seamy e, sebbene Rank non le avesse mai fatto del male, era convinta che lui e Seamy fossero della stessa pasta. Inoltre, trattandosi del fratello maggiore, la donna immaginava che il malanimo presente nel più giovane fosse quintuplicato nel fratello più vecchio, perciò sentiva che da Rank non avrebbe potuto aspettarsi nulla di buono.
Decise che nemmeno quel giorno avrebbe voluto approfondire la conoscenza di Rank e cercò di scivolare in cucina senza che l’uomo, girato nella direzione opposta alla porta e impegnato nella sua camminata nervosa, potesse vederla.
«La ragazzina dorme?» chiese Rank senza voltarsi e continuando a camminare «Non si sentono più le sue grida.»
La donna sussultò. Era convinta di non aver fatto il minimo rumore salendo dalla cantina, non capì come l’uomo avesse potuto percepire la sua presenza.
«Allora?» sbuffò l’uomo, voltandosi e piantando i suoi occhi scuri in faccia alla donna che si vide costretta ad abbassare lo sguardo.
«Sì, si è addormentata a forza di piangere.» mormorò la donna «Non ha mangiato nulla» aggiunse con tono irritato. Sembrava che Rank stesse per replicare, ma invece scosse la testa e tacque.
A quel punto la donna pensò che forse poteva sgusciar via dalla stanza e riprendere a respirare, attese quindi in silenzio ancora per qualche istante e finalmente si infilò in cucina, dove si chiuse la porta alle spalle e appoggiò le cose che aveva portato via dalla cantina.
Mentre lasciava scorrere l’acqua nel lavello, per iniziare a lavare la pila di piatti sporchi che aveva ammonticchiato lì, entrò Seamy sbattendo la porta che conduceva all’orto.
La donna si voltò e incontrò lo sguardo dell’uomo, stranamente illuminato da una luce che non aveva mai visto prima.
«Va tutto come previsto» esordì Seamy senza neanche salutarla, ma come se stesse proseguendo un discorso già cominciato.
Ecco spiegata la ragione di quella luce nuova negli occhi, Seamy era contento.
La donna si scoprì irritata e infastidita da quella presa di coscienza. Era sicuramente lieta che Seamy non fosse arrabbiato o nervoso come al solito, ma il fatto che quella luce nel suo sguardo avesse fatto la sua comparsa solo ora, dopo più di cinque anni che si conoscevano, le confermò tacitamente qualcosa che lei sospettava già da tempo. Seamy non la amava e forse non l’aveva mai amata. O meglio, era chiaro che il sentimento che provava per lei, qualunque esso fosse, non era lontanamente assimilabile a quello da cui l’uomo era travolto ora che il suo piano si stava compiendo.
«Hai incontrato il signor Giorgio?» domandò lei, sorprendendosi della facilità con cui era riuscita a soffocare la gelosia provata qualche istante prima.
«Quel vecchio idiota è ridotto uno straccio!» rispose lui quasi ridendo «si aggira per la casa come un fantasma e sussulta ogni volta che squilla il telefono»
La donna si incupì, ma era ormai voltata verso il lavello, quindi Seamy non poté vedere il suo sguardo dissenziente.
«Pensa che quel vecchiaccio ha chiamato la figlia a New York e le ha detto di tornare subito a casa, vista la situazione» aggiunse Seamy, senza accorgersi del silenzio della donna. Poi continuò «Come se quella scema possa fare qualcosa in questa situazione» e qui esplose in una fragorosa risata «Quella che non ha mai saputo fare altro se non spendere i soldi del suo vecchio! Voglio proprio vedere come risolverà la situazione»
A questo punto la donna smise di lavare i piatti e si voltò «È pur sempre la madre, anche se ha mollato la bambina con il nonno» disse accennando con la testa nella direzione della cantina «Era inevitabile che il signor Giorgio l’avrebbe richiamata a casa»
«E piantala di chiamarlo “signore”, non sei più la sua schiava!» la interruppe Seamy, cambiando improvvisamente umore. La donna si zittì immediatamente e tornò a lavare i piatti.
Seamy si controllò ed aggiunse «Che quella cretina di Giulia torni a casa o meno, la mia idea sta funzionando senza intoppi ed è questo l’importante» e con questo pensiero il suo umore parve nuovamente distendersi. La donna quindi prese di nuovo coraggio e si permise di alzare lo sguardo dal lavello nella sua direzione, lui guardava fuori dalla finestra. Fu a quel punto che si girò furibondo verso di lei «Quello è il camioncino di Rank»
«Sì» lo interruppe lei con voce esitante, «è arrivato poco prima di te, sta nella stanza di là!»
«E perché non me l’hai detto subito?»affermò lui trattenendo a stento la voce carica di tensione «Cosa stavi aspettando, brutta cretina?».
La donna indietreggiò fino a coprire la breve distanza che la separava dal lavello, temendo che lui le si avventasse contro.
Seamy si limitò a fissarla stringendo i pugni, ma poi uscì dalla cucina sbattendo la porta. Il rumore fu tale che poco dopo ricominciarono le grida e i pianti dalla cantina.
Sofia si era svegliata.

9 commenti:
Stavo per dire tra me e me "Voglio proprio vedere come va avanti" .. ma poi mi sono fermato un secondo e mi son detto "Ah, ma sono io l'artefice della continuazione!!" ;)
Bell'inizio davvero, la storia si farà avvincente!
Grazie per il "bell'inizio"..
ora aspettiamo il resto! ^__^!
Buon lavoro e buon divertimento!
Di niente!
Complimenti per la bravura nello scrivere!
Spero di essere all'altezza!
;)
Thanks!
Inizio curioso...noir...vediamo un pò cosa riusciremo a fare...
Sottoscrivo il primo commento di Gianluca, senza ansia perchè tanto ci pensa lui.:)
Brava Igi!
Gà
:9 a me invece viene il panico...
comunque complimenti Igiea davvero interessante e piacevole!
Brava Igi, la stoia è intrigante. Anche io non vedo l'ora di leggere il seguito...spero che sia ricco di colpi di scena!
^__^
Sil
Urrà per la maga di Harry Potter...
Vacci piano però con le "pozioni alcoliche"!
Un conoscente
^__^!
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