Humus
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E pensavo Ti vedevo Poggiare le tue braccia sull’erba, come due colonne instancabilmente stanti, sorreggenti il tuo corpo semplicemente adagiato sull’ombra del tuo albero. Potevo assaporare la consistenza delle nuvole dai tuoi occhi; le vedevo passare velocemente.
"Piove."
Eccoti sotto la nostra quercia, sulla nostra collina; da mesi la pioggia cerca incessantemente il tuo corpo, le nuvole pascolano rapide nel vano tentativo di specchiarsi nel tuo sguardo; eppure non ti trovano. Solo io posso ancora vederti con la tua salopette infangata poggiare sull’erba le mani segnate dal ricordo delle tue rose. E io ho smesso di sentirla; indifferente mi è la pioggia, immobili sono le nuvole. Percepisco il suo dolore. Vorrei piangere anche io la tua scomparsa. Ma la pioggia mi trapassa e arida rimane la mia anima.
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Mio Marco,
Sofia non piange. È brava, sai? Un giorno sarà una gran donna.
La stringo forte al petto; spesso. Credo di soffocarla a volte. Ma vorrei sentirla, Marco, ci provo. Temo che neanche lei possa percepirmi. È cresciuta in un terreno arido. La più florida pianta sa generare un seme fecondo e umido, ma avvizziti saranno tutti i germogli se sterile è il suolo che l’ha accolto.
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Ciao Marco,
La odio. Sì, la odio. Mi ha impedito di raggiungerti.
Guardala. Dorme e sembra serena. Che finga come me? Dannata ingenuità. Non voglio che la perda. Vorrei possa trovare sempre la forza e il coraggio di sorridere. Ho paura che cresca. Che possa sentire la mia rabbia e come me covare l’odio. Devo proteggerla. Non riesco a sentire l’amore, ma posso risparmiarle altro dolore, altro rancore.
Lo faccio per te. Ho causato la tua morte, non avrei mai ucciso anche tua figlia.
Non voglio che lui la tocchi, non voglio che lui la guardi. Non ho saputo proteggere me, non ho saputo proteggere te. Domani partiremo.
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Marco non ho potuto. Non sono stata capace. Cinque mesi, solo cinque mesi di liberta? No! Lei ha bisogno della sua casa, della sua collina. Io ho bisogno di te. Tu sei qui, sempre sotto quella quercia ad osservare le nuvole. Sono tornata. Ho dovuto. Non ti ho scritto. Non potevo scriverti.
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Non ci parliamo. Un monolite senza anima. Si aggira per casa. Accarezza Sofia e mi lancia sorrisi algidi svuotati di ogni affezione. Ma lo impone il grado parenterale, ovvio! Quella Marta poi è sempre in giro. Potrebbe dire in paese che in questa prigione di stucchi e suppellettili lucidati solo l’indifferenza può placare la nausea! Non sia mai!
Ogni sorriso e ogni carezza sono intrisi di quell’odio che aleggia in questo nostro squallido confino. Perché non ci lascia in pace?
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Sono andata sotto la quercia. Volevo lasciarmi morire. Marta mi cercava perché Sofia era caduta e si era ferita un ginocchio. Non piangeva ma non riusciva a prender sonno. Per farla addormentare le ho assicurato che anche col cerotto domani potrà correre sulla collina, osservare le farfalle e fingere di volare. Sofia deve volare. Ergersi sulle nuvole, apprezzare l’odore della pioggia e imparare a percepirlo.
Mia zia Alice oggi è venuta a farci visita. Quella stupida governante che infesta questa casa da anni mi ha trafitto con uno dei suoi soliti sguardi di rimprovero pregni di compassione e stizza. Ho fatto cadere l’Earl Grey sul centrino che la zia aveva portato da Anversa dopo il suo ultimo viaggio. Non era rimprovero. Quella donnaccia mi odiava solo perché avrebbe dovuto smacchiarlo. Alice sa essere fredda e insensibile; ma è stupida Marco, non è crudele come suo fratello; è solo ingenuamente stupida.
"Tuo padre mi ha detto che non tornerai a Berna. Non penserai di lasciare l’Università solo per evitare di pensare alla morte di tuo marito?"
La tazza non mi è caduta accidentalmente su quel dannato centrino. Avrei voluto conficcare ogni molecola di quella ceramica dentro la testa di quella stupida; di quella donna che ancora dopo decenni crede a tutte le idiozie che un fratello autoritario e violento sa inculcarle. Ho dovuto lasciare la presa.
Credo che Alice sia consapevole delle bugie e delle menzogne. Anche lei ha paura di quell’uomo. Ne è così intimorita che non riesce e non vuole essere lucida; si forza e pende dalle sue labbra. Anche nei suoi occhi vedo il ricordo della cinghia, dei pugni, delle sedie spaccate; il ricordo delle mille bugie costruite per ristabilire il quadro roseo e incipriato che chiunque, qualsiasi ospite e ogni sudicio membro della servitù avrebbe potuto instancabilmente ammirare. Rivedo anche il ricordo dei pantaloni arrotolati alle caviglie e del soffitto color panna che accoglieva le ultime preghiere di una creatura agognante un fulmineo trapasso.
"Realmente credi che sia stata in Svizzera e mi sia sposata con un mio collega? Posso comprendere gli stupidi uomini a servizio di tuo fratello che dalla loro meschina natura ammirano e stimano il quadro patinato che egli ha dipinto. Ma tu zia? Possibile che non ti risulti strano che sia sparita per due anni, mi sia sposata senza invitare te né nessun altro della famiglia e che poi sia tornata dopo che mio marito ha avuto un incidente stradale per portare a compimento la mia gravidanza qui a Villa Catinari, noto luogo pieno d’amore dove far nascere in piena serenità una creatura indifesa?"
Gli estranei sì!. Nessuno avrebbe dovuto non dare adito a tali sciocchezze. Giorgio è bravo a mentire. A far credere. A farti sentire colpevole, sbagliata. A giustificare ogni azione nefanda e a dipingere. Ma mia zia no!
Ma la sua mente era obnubilata dalla paura per poter porgere domande e persino per maturare l’innata curiosità insita in ogni essere umano. Persino io avrei …è naturale; nessun articolo di giornale, un certificato, una foto..anche io avrei azzardato. Non a lui, sia chiaro. Ma a me avrei chiesto. Non è solo il timore; mia zia è proprio stupida!
L’odio e la stupidità mi hanno spinto, Marco; non avrei voluto lasciare Sofia in balia del nulla; volevo solo perdermi ancora nelle tue braccia. Ma lei mi ha salvato. Ci sono istanti in cui penso che sia caduta di proposito. Non è come me; assomiglia al suo bellissimo padre; lei è capace di sentire, sa fingere di volare.
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Son passati tre anni dall’ultima volta che ti ho scritto. Sofia ha imparato a piangere. Io ancora non ci riesco. Veniamo sempre ai piedi della nostra quercia e lei è felice. Senza un apparente motivo valido Sofia si è innamorata di quell’ angolo di mondo, di quella piccola oasi all’interno di questa arida prigione. Ama tutto di te senza sapere chi sei, senza sapere cosa sei mai stato e che anche tu ti sedevi sull’ombra e fissavi le nuvole, distratto a volte dalle farfalle che sicure ti giravano intorno, e padrone della radura che si estendeva ai piedi della collina fingevi di volare. Lei è tua figlia e ne sono certa; non ho mai avuto dubbi; a volte mi si è paventata la muta idea che possa essere stata concepita nel giorno della tua morte. Ma non v’è stata una reale possibilità, è solo un fantasma, l’incubo di quel’orrido istante ormai lontano che mi perseguita e mi perseguiterà sempre. Sofia è nostra, come questa quercia, questa collina e come te lei sente la pioggia.
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Giorgio sembra affezionato a Sofia. Scusami Marco, perdonami se non riesco a tenerlo lontano dalla sua vita. Vorrei urlare ogni volta che quell’assassino la tocca. Ma non ho mai saputo ribellarmi se non con l’indifferenza. Mi sta rubando anche l’odio e il rancore; sono prosciugata e invano vorrei sentire anche io la pioggia.
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Vado a New York. Portò con me Sofia. Ma l’estate torneremo qui, e anche in tutti i momenti possibili, dovessi passare metà della mia vita in viaggio, ti prometto che la porterò da te, la porterò a casa tra le tue braccia, sotto la quercia.
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Perdonami. Perdonami Marco. Non ti tradisco, non mi scordo. Questa volta non porterò Sofia con me. Lei ha bisogno di te, sente la tua mancanza anche se non lo sa. Non voglio che sfiorisca come me; desidero che possa immergere le sue radici nella tua anima e non nel suolo arido che l’ha concepita.
Quest’autunno la lascerò con suo nonno. Non le farà del male. Non la toccherà. E poi Marta la tratta come una figlia e le sta sempre addosso, troppo addosso. In fondo quella donna stupida con la sua presenza a volte ha salvato anche me quando ero piccola. Ma Giorgio non si azzarderebbe mai più a toccarla, non dopo che le ha ucciso il padre. Non dopo che la sua ultima violenza ha avuto esito così nefasto.
Quel giorno…erano anni che Giorgio non provava…erano anni che non fissavo il soffitto chiedendo al tuo sordo dio di uccidermi. Giorgio era solo infastidito, non capiva come io potessi provare dell’amore per qualcuno…era invidioso Marco; lui non è stato mai capace di amare. E adesso sua figlia, nata da terra sterile, era in grado di conoscere l’amore e sentire il calore e le cure di un’altra anima. Non sopportava l’idea che potessi trovare in te quel terreno fertile che lui non era stato in grado di essere. Non ricordo come…ma impazzì e io rividi il soffitto e implorai ancora dopo più di dieci anni nei quali non avevo dovuto pregare. Non voleva farti del male, ma tu ti fiondasti su di lui e forse l’avresti ucciso se lui…
Marco perdonami. Non farà del male a Sofia. Ma io non posso restare qui con lui… tornerò a prendere il nostro bocciolo tra qualche mese… dopo Natale ritornerà con me a New York… adesso la affido a te.
Mandami la pioggia, mandami il tuo vento e io correrò qui e volerò via con lei.
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La carta si inumidiva lentamente mentre Aurora scriveva l’ultima lettera. Non ne aveva scritte tante. Più volte provava a parlare con Marco, a scrivergli, a dedicargli la sua vita. Ma ogni volta il rimorso, la paura, il senso di colpa la atterrivano e l’arrestavano. In passato correva verso la colina e gli parlava. Lo faceva quando portava in grembo quella creatura e le faceva sentire la pioggia; sotto la quercia prendeva la forza per dipingersi quella posata tristezza e quel contrito dolore per un fortuito incidente di macchina che le aveva strappato l’amato e fantomatico marito svizzero. Tornava alla collina per presentare Sofia al padre e per sfuggire dalla prigione e fuggire agli sguardi di quel carnefice e di quel suo padre che la natura crudele aveva imprigionato in quell’arido monolite. Trascorreva ore, giornate insegnando alla figlia a volare e cercava anch’ella di guardare la radura e fingere di librarsi in volo, ma non ne era capace; così cominciò a fingere anche con la figlia, dissimulando la sua stessa finzione. E quando tornava in carcere in quel carcere di suppellettili e stucchi dorati doveva scrivere , per non perdere il contatto con la sua forza e con quell’uomo che era stato il suo mentore e la sua vittima. Erano anni che non scriveva e si sentiva ancora più assassina del padre. Giorgio l’aveva ucciso con un alare lei lo stava seppellendo dietro la paura del ricordo.
Scrisse di getto perché il rimorso di quell’abbandono momentaneo le sapeva di tradimento. Portava con sé sempre tutte le lettere che scriveva a Marco, perché in esse insieme al rimorso si celava la sua unica forza e la sua libertà. Giorgio era andato in città per degli affari e in casa non c’era che la servitù. Fuori pioveva e Sofia dormiva; l’avrebbe condotta più tardi alla collina per sentire l’odore della terra bagnata; mentre attendeva che si destasse si rinchiuse nello studio del padre e aprì la piccola cartella nella quale erano contenute le lettere. Allungando la mano le parse di sentire un piccolo brivido ma si allontanò da quel pensiero conscia di non poter percepire e sentire; allungò dunque la mano per afferrare una delle penne di Giorgio e la carta da lettere disposta in modo maniacale sullo scrittoio e, sebbene il pensiero irrispettoso le avesse fatto capolino, chiusa in se stessa cominciò a scrivere.
Rimase per qualche minuto ad osservare le epistole cercando di vedere in esse qualcosa, forse il volto di Marco; le sistemava con cura all’interno della cartellina, in ordine cronologico partendo dall’ultima lettera, scritta nella carta che il padre usava per i documenti importanti, fin quando un rumore la destò dalla catalessi nella quale era dolcemente sprofondata. Marta stava per entrare. Nessuno doveva sapere, nessuno poteva venire a conoscenza del suo mondo, delle sue lettere. Aprì un cassetto della scrivania e vi ripose velocemente la cartella, conscia che avrebbe potuto riprenderla successivamente visto che Giorgio avrebbe fatto rientro solo dopo molte ore.
Vestì la maschera e si dipinse l’algido sorriso.
"Marta noto che non hai ancora pulito lo studio del Signor Catinari."
"Sono entrata per questo motivo, Signora."
"Si sbrighi, allora. Voglio servito il The tra mezz’ora. Vado a svegliare la piccola."

15 commenti:
Affatto prolisso!!!
Domani lo leggo con attenzione, ti applaudo comunque, preventivamente.:)
Buona lettura!
bhè si....mi son messo a scrivere e ho perso la misura....
l'unica cosa che ritengo fastidiosa è un applauso a priori..
se mi avessi insultato o malmenato mi sarei offeso molto meno!
un abbraccio e buona lettura!
;)
Ok, allora aggiungo: affatto prolisso e affatto polemico!
;)
come sempre!
e cmq non scherzavo!
hai letto adesso?
MA ora a chi tocca?
A gabriele immagino, vero?
non vedo l'ora che continui!
buon lavoro fotografo!
Ma a nessuno sembra che questo capitolo sia decisamente stridente rispetto ai precedenti (almeno per forma e lunghezza)??
Qualcuno potrebbe "tradurlo" per favore?
Dario, rispondi al nostro lettore anonimo!:)
Tocca a me, dovete concedermi del tempo perchè io avevo calcolato che Dario avrebbe "partorito" a fine weekend, e non 10 ore dopo il capitolo di Alessio! Mi metto ora all'opera, spero di poter finire per mercoledì.
Anonimo, vuoi unirti?
forse l'anonimo si lamenta del fatto che il quarto capitolo sia scritto male. con il contenuto non è stridente e non è stridente neanche la forma poichè spiega le lettere di cui si parla al capitolo due e si lega al momento poco precedente al quale marta le trova (ricordato semrpe nel capitolo due) e per questo precedente di due mesi ai fatti narrati nel capitolo uno due e tre!
Sono conscio che la lunghezza sia eccessiva e chiedo perdono. senza dubbio si può notevolmente accorciare togliendo alcune lettere e accorciando la aprte narrativa. se volete posso farlo.
se il problema grosso è lo stile e il modo con cui scrivo non posso farci nulla avevo già detto di non avere capacità e che sono una frana a scrivere..ma ho voluto provare ugualmente, tutto qui! se trovate non sia all'altezza magari la prossima volta non partecipo. scusatemi!
Dario
Chiunque può leggere e commentare, anche negativamente, salvo scadere nell'offesa, e quel commento non mi è sembrato offensivo.
Comunque Dario, no problem, il capitolo va bene così com'è, e ora lo dico con cognizione di causa.;)
Ciao!
D'accordissimo sul "chiunque può commentare", basta solo una traccia di chi è il proprietario di quelle parole, tutto qui.
Ciao
Buongiorno a tutti, oggi è un'altra giornata e il mio punto di vista ovviamente è cambiato.
Non posso trovarmi d'accordo con quello che dice Gabriele: ognuno è libero e inoltre caldamente invitato a esprimere la propria opinione, anche in anonimato; una buona critica può essere anche pesante e negativa e in alcuni casi potrebbe anche distruggere un testo e accusare l'autore. ogni parola spesa nell'analisi e critica di un testo è sempre positiva per l'opera e soprattutto per il suo autore. Quindi si critichi pure e anche in maniera pesante. L'unica cosa che non trov accettabile è una critica immotivata o nella quale non si rende nota la motivazione.
Accetto che mi si dica che il testo sia scritto male, sia sgrammaticato, non sia attinente alla storia..ma lo vorrei spiegato. Vorrei capire cosa intendeva il leggittimo anonimo nel dire che il capitolo necessitava una traduzione.
Rileggendo il mio componimento devo ammettere per la prima volta che sono molto soddisfatto di quello che ho scritto e sebbene non abbia mai avuto velleità creative sono compiaciuto di quanto prodotto.
ergo...sono pronto a dibattere su ogni questione pertinente e gradirei delucidazioni per riparare qualora ce ne fosse bisogno o spiegare il mio proposito in caso contrario.
Grazie a Gian per l'accalorata difesa.
Buona giornata a tutti,
Dario!
Non credevo che avrei scatenato tutte queste reazioni di solidarietà nè, tantomeno, volevo criticare il modo di scrivere dell'autore. Mi ha solo infastidito nella lettura trovare uno stile così diverso dagli altri. Ma questo è un parere personale.
"nessun nome"
per me va benissimo...ora ho capito...
ma l'ho detto...non sono capace a scrivere....scrivo come mi viene e magari la colpa è tutta della mia superficialità... ho scritto il testo tutto di getto in un'oretta...prima ho pensato subito a quello che volevo dire e poi ho scritto...magari se avessi apportato al mio elaborato qualche correzione e se avessi fatto un pò del buon vecchio labor limae...forse il tutto l'avrei reso + godibile, fruibile e coerente stilisticamente a quanto scritto dagli altri.
Adesso comprendo la critica...la accetto...ribadisco che mi è piciuto quello che ho scritto ma mi rendo conto di non aver la fluidità e la chiarezza degli altri....è stato da sempre un mio grosso problema..soprattutto quando ho scritto le tesi!
:)
cmq anonimo mi ha fatto paicere la tua critica...hai detto cmq qualcosa e forse hai espresso un pensiero comune a molti che invece codardamente non hanno saputo o voluto renerlo manifesto!
ora leggo quello che ha scritto ga!
"hai detto cmq qualcosa e forse hai espresso un pensiero comune a molti che invece codardamente non hanno saputo o voluto renerlo manifesto!"
a visionariooo!!!:)))
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